Bio


Naqui.

In un freddo pomeriggio di dicembre, nella metà esatta degli anni 60 dello scorso secolo.

Crebbi.

All’estremo confine occidentale dell’Italia, terra stretta e difficile, piena di salite e di piccinerie. Con tanta voglia di scappare il prima possibile, pensando che da qualsiasi altra parte sarebbe stato tutto più facile. Semplicemente non era vero.

Viaggiai.

Non solo, anzi poco, in senso letterale ma molto, molto di più, con la mente. Viaggi in compagnia di Herman Hesse e di Pirandello, di Keith Richars e di Charlie Parker. Viaggi, a volte onirici, altre più tangibili.

Amai.

Poco o molto, non importa. Sempre però con passione infinita. E più di ogni cosa mi innamorai della musica. Un amore spesso ricambiato, fatto di abbracci e abbandoni, di “facciamo” e di “ma perché”. Qualche volta in compagnia, più spesso da solo ma è la solitudine che insegna ad amare la compagnia.

Fuggii.

Finalmente via, lontano da tutto, anche dal nero me stesso. A crescere troppo tardi, sempre un passo indietro, senza nessuna resa, senza alcun comrpomesso. Giorni, mesi, anni, decenni. E finalmente seduto, a respirare un poco, per guardare indietro e finalmente poter affermare: “veramente non ho cominato mai un cazzo!”.

Terapie.

Sogni e bisogni, gli uni curati con una varietà di molecole e intrugli, gli altri a spingere per poter essere soddisfatti da un corpo e una mente inadatti a tutto ciò che non sia “sono stanco, riposiamoci”.